La risposta dell’ASEAN ai dazi statunitensi: verso una strategia regionale unificata

Posted by Written by Ayman Falak Medina Reading Time: 4 minutes
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Gli Stati Uniti hanno annunciato ampie misure tariffarie su una vasta gamma di importazioni, rivolte ai Paesi con persistenti surplus commerciali o pratiche commerciali percepite come sleali. Gli Stati membri dell’ASEAN sono stati direttamente colpiti, con tariffe che vanno dal 10% al 49%. La mossa non solo ha interrotto i flussi commerciali consolidati, ma ha anche spinto i Paesi del sud-est asiatico a reagire sia individualmente che collettivamente.

L’ASEAN si trova ora a un bivio: gestire i dazi attraverso impegni bilaterali separati o scegliere una posizione più condivisa? Con la Malesia alla presidenza dell’ASEAN nel 2025, cresce l’impulso a sviluppare una risposta coordinata che sappia coniugare diplomazia, resilienza e solidarietà regionale.

Tariffe per Paese e diversi livelli di esposizione

Le tariffe statunitensi imposte ai Paesi dell’ASEAN nell’aprile 2025 sono le seguenti:

  • Cambogia: 49 %
  • Laos: 48 %
  • Vietnam: 46 %
  • Myanmar: 44 %
  • Thailandia: 36 %
  • Indonesia: 32 %
  • Malesia: 24 %
  • Brunei: 24 %
  • Filippine: 17 %
  • Singapore: 10% (valore di riferimento)

Mentre alcuni Paesi come la Cambogia e il Vietnam devono affrontare dazi elevati sulle principali categorie di esportazione, altri, come Singapore e le Filippine, sono meno esposti grazie alle loro economie diversificate o alla minore dipendenza dalle esportazioni statunitensi.

Risposte nazionali: diplomazia, dialogo e cautela

In una svolta significativa, il 9 aprile gli Stati Uniti hanno annunciato una pausa di 90 giorni sulle tariffe elevate per i Paesi che non hanno reagito alle loro misure commerciali. Mentre durante questo periodo rimane in vigore una tariffa universale del 10%, la sospensione fornisce ai Paesi dell’ASEAN una finestra critica per rivalutare le loro strategie commerciali, perseguire l’impegno diplomatico e considerare una risposta regionale collettiva.

La pausa di 90 giorni ha stimolato una rinnovata attività diplomatica in tutto il sud-est asiatico, con diversi Paesi dell’ASEAN che hanno utilizzato il periodo di sospensione per impegnarsi nuovamente con gli Stati Uniti e rafforzare la loro posizione strategica:

I Paesi dell’ASEAN hanno finora risposto con cautela, privilegiando l’impegno diplomatico rispetto alle ritorsioni:

  • L’Indonesia ha optato per il negoziato, inviando alti funzionari commerciali a Washington e affermando il suo desiderio di un commercio equo piuttosto che di confronto.
  • Il Vietnam, attraverso un inviato speciale, per allentare le tensioni ha indicato la volontà di adeguare alcune tariffe sulle merci statunitensi.
  • La Tailandia e il Myanmar stanno eseguendo valutazioni interne e aprendo linee di comunicazione con gli Stati Uniti.
  • La Malesia, in qualità di presidente dell’ASEAN, sta coordinando i colloqui tra gli Stati membri per esplorare un approccio regionale comune.
  • Brunei e Laos si stanno impegnando diplomaticamente mentre valutano le potenziali ricadute economiche.
  • Singapore e le Filippine hanno assunto una posizione vigile, monitorato gli sviluppi e preparato misure di sostegno all’industria nazionale.

La leadership della Malesia: orientarsi verso il coordinamento regionale

Il Primo Ministro malese Anwar Ibrahim è diventato una figura chiave alla guida dell’ASEAN verso una risposta comune. In qualità di Presidente dell’ASEAN, la Malesia ha avviato discussioni con le controparti di Indonesia, Tailandia, Brunei, Singapore e Filippine. L’obiettivo è quello di pianificare un approccio collettivo che bilanci gli interessi nazionali con la più ampia agenda commerciale ed economica dell’ASEAN.

Nelle prossime settimane è previsto un vertice regionale nel corso del quale i leader dell’ASEAN discuteranno le potenziali linee d’azione. Tra queste potrebbero rientrare un’iniziativa diplomatica congiunta verso Washington, misure per facilitare il commercio intra-ASEAN e una comunicazione coordinata sui principali tavoli multilaterali, come l’OMC.

Verso una strategia commerciale unificata dell’ASEAN

Mentre l’ASEAN ha tradizionalmente enfatizzato il consenso e il non confronto, i dazi hanno sottolineato la necessità di una strategia commerciale più agile e unita. Una posizione coordinata dell’ASEAN potrebbe:

  • Rafforzare il potere contrattuale nei negoziati bilaterali e multilaterali.
  • Promuovere il commercio intra-ASEAN per ridurre la dipendenza dal mercato statunitense.
  • Accelerare i meccanismi di integrazione regionale nell’ambito del RCEP e della Comunità economica dell’ASEAN (AEC).
  • Sostenere le economie vulnerabili come Cambogia, Laos e Myanmar attraverso l’assistenza congiunta e la diversificazione delle catene di approvvigionamento.

Conclusioni: solidarietà di fronte alle pressioni

I dazi statunitensi hanno messo alla prova la coesione dell’ASEAN in un momento in cui il commercio globale è sempre più plasmato dal protezionismo e dalla competizione strategica. Le diverse risposte finora fornite riflettono l’eterogeneità economica della regione, ma anche il suo interesse condiviso a mantenere legami commerciali stabili.

Mentre i leader dell’ASEAN si preparano a incontrarsi, l’opportunità risiede non solo nella gestione della crisi nell’immediato, ma anche nella creazione di un precedente per una più profonda cooperazione economica. Un fronte unito non solo rafforzerebbe la posizione globale dell’ASEAN, ma invierebbe anche un messaggio chiaro: il Sud-est asiatico è pronto a dialogare, adattarsi e agire in modo congiunto quando gli interessi in gioco sono elevati.

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